Smart Working: sono quasi mezzo milione i “lavoratori agili” in Italia

L’accesso alla rete e le nuove tecnologie hanno cambiato il modo in cui milioni di persone interagiscono tra loro, ma allo stesso tempo hanno permesso di rivoluzionare molteplici settori andando incontro a milioni di lavoratori in tutto il mondo. Gli strumenti digitali a disposizione delle aziende sono migliorati notevolmente rispetto al passato, contribuendo alla nascita di nuove forme di lavoro che vanno incontro non solo alle esigenze delle imprese, ma degli stessi lavoratori.

Un esempio di quanto appena detto è certamente il fenomeno dello “smart working”, quella forma di lavoro flessibile che consente agli stessi lavoratori di decidere orari e luoghi di lavoro rendendo ancora più semplice la gestione dei propri compiti. Si tratta di un fenomeno sempre più presente anche nel nostro paese dove, nell’ultimo anno, sono arrivati a 480.000 i cosiddetti “smart workers”.

La conferma arriva dall’ultimo rapporto pubblicato dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. Secondo quanto emerso da questo rapporto, in Italia sono 480.000 gli smart workers, in aumento del 20% rispetto allo scorso anno.

I dati raccolti dall’Osservatorio Smart Working arrivano da un sondaggio condotto su 183 aziende con più di 250 dipendenti, e confermano come i lavoratori agili si confermano più soddisfatti rispetto ai lavoratori tradizionali, con una percentuale di soddisfazione del 39% contro il 18%, e confermando relazioni migliori con colleghi e datori di lavoro per il 40% contro il 23% dei lavoratori tradizionali.

Il 56% delle grandi aziende conferma di aver introdotto modelli di lavoro flessibile per luoghi e orari; un ulteriore 2% ha dato vita a progetti informali e un altro 8% ha intenzione di introdurre progetti di smart working il prossimo anno. Se il 59% ha confermato di aver integrato tecnologie digitali per promuovere lo smart working, il 27% delle grandi aziende era già dotata delle tecnologie necessarie.

Differente, invece, la situazione per PMI (piccole e medie imprese). L’8% ha già dato vita a progetti strutturati e il 16% informali, ma ancora il 38% si dichiara totalmente disinteressato a questa nuova forma di lavoro.

A distanza di un anno dall’introduzione della legge Madia sul “lavoro agile”, appare chiaro come lo smart working si stia facendo strada anche all’interno della Pubblica Amministrazione, ma c’è ancora un ampio margine di miglioramento. Prendendo in considerazione i risultati ottenuti da 358 amministrazioni pubbliche con più di 10 dipendenti, emerge che l’8% degli enti pubblici ha dato vita a progetti strutturati e l’1% informali mentre un ulteriore 8% prevede nuovi progetti il prossimo anno.

Ma nel 36% delle PA lo smart working risulta ancora assente ma di probabile introduzione, per il 38% degli enti pubblici c’è ancora molta incertezza mentre il 7% non appare interessata allo smart working.

In ogni caso l’approvazione della legge sul Lavoro Agile sembra aver avuto effetti positivi più sulla pubblica amministrazione che nel settore privato. Prima della legge, l’82% delle grandi aziende private aveva già introdotto o pensato progetti di smart working e solo il 17% ha trovato uno stimoli in più a seguito della normativa.

Nella Pubblica Amministrazione, invece, il 60% del campione ha dato vita a progetti di smart working proprio a seguito della legge, mentre il 40% aveva già pensato a iniziative legate allo smart working.

Per i prossimi anni, quindi, è previsto un’ulteriore crescita delle soluzioni di smart working all’interno delle imprese, considerati i benefici concreti per i lavoratori. Come sottolineato dal Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, Mariano Corso, con le soluzioni di smart working si stima un incremento della produttività pari al 15%, un 20% in meno di assenteismo e persino risparmi del 30% sui costi di gestione degli spazi fisici, insieme ad un migliore equilibrio del rapporto tra lavoro e vita privata stimato nell’80%.

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