Usa, Coronavirus e disparità sociali

 


Gli Stati Uniti sono da settimane, al pari con la maggior parte delle altre nazioni del pianeta, impegnate nella lotta alla diffusione del Coronavirus. Complice l’elevatissimo numero della popolazione, i decessi registrati negli Usa stanno raggiungendo cifre siderali in un brevissimo lasso di tempo, il che ha come tragica conseguenza le scene agghiaccianti delle fosse comuni scavate a New York cui abbiamo assistito nei giorni passati.

Vi sono però dati – afferenti alla città di New York- che testimoniano il fatto che questa pandemia, abbastanza diversamente da quanto accade altrove nel mondo, non stia mietendo vittime negli States in maniera troppo “democratica”.

Infatti, secondo le statistiche riportate nei bollettini, il 34 e il 28 per cento delle vittime del Coronavirus appartengono rispettivamente alla razza latina e afroamericana. Questi numeri in sé non ci dicono granchè.

Però, se a ciò aggiungiamo che i latinos che vivono a New York costituiscono il 29 per cento dell’intera popolazione della città e gli afroamericani addirittura soltanto il 22 per cento, allora iniziamo a comprendere meglio il significato di questi rilievi.

E ancora, in base a quanto pubblicato sul New York Times, anche il tasso di mortalità del virus relativo a tali minoranze risulta essere notevolmente superiore a quello associato ai cittadini di razza bianca.

Le cause di queste differenze intercorrenti tra classi sociali sono varie ma, al contempo, tutte collegate tra loro. Il presupposto è infatti riscontrabile nelle condizioni di maggior povertà in cui i latinos e gli afroamericani versano.

Innanzitutto, la mancanza di risorse economiche preclude ai membri di queste due categorie di accedere adeguatamente ai servizi sanitari, il che fa sì che la maggior parte di loro abbiano accumulato problemi di salute pregressi e ciò, naturalmente, li espone maggiormente al pericolo di morte.

A questo proposito dunque è inevitabile ricordare quanto negli Usa sia praticamente assente il concetto di “welfare state” e, di conseguenza, chi non riesce a procurarsi un’assicurazione sanitaria molto difficilmente può usufruire delle cure negli ospedali.

In secondo luogo, in molti casi soni i latinos e gli afroamericani a svolgere le professioni più umili. Pertanto, non venendo quasi mai concessa la possibilità ai lavoratori di espletare le proprie mansioni secondo le norme di sicurezza, il contagi tra questi ultimi si diffondono più celermente.

Inoltre, dobbiamo tenere a mente che queste persone, tranne sparute eccezioni, non possono permettersi case abbastanza spaziose per le dimensioni – spesso particolarmente grandi- delle loro famiglie. Tutto ciò costringe i nuclei familiari latinos e afroamericano a vivere in situazioni di sovraffollamento abitativo che non permette certo loro di conformarsi alle regole di distanziamento sociale.

Appare chiaro che a tali problemi non possa essere trovata una soluzione immediata e che quindi le vittime di Coronavirus in America continueranno a non essere egualmente distribuite tra i diversi strati sociali.

Tuttavia un’esperienza del genere potrebbe essere utile a innescare un ripensamento della società statunitense e della posizione dello Stato nei confronti dei suoi cittadini, in ottica di un incremento delle garanzie assistenziali volte – se non ad annullare- quantomeno ad assottigliare la voragine presente tra la popolazione di razza bianca e le altre minoranze.

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