È scontro sulla chiusura degli impianti sciistici

È arrivato nella giornata di ieri il primo scontro politico sotto la gestione Draghi, in seguito alla decisione che ha segnato la proroga a Marzo per la riapertura degli impianti sciistici, annunciata dal ministro Speranza. Una scelta arrivata in un momento di impasse dell’esecutivo, visto che formalmente l’insediamento di Draghi ancora non è ancora divenuto effettivo, ma che ha ugualmente dato il via ad accorate polemiche.

La riapertura degli impianti sciistici era prevista per il 15 marzo, data che era stata fino a qualche giorno prima confermata per Lombardia e Piemonte, mentre era stata decisa una proroga di un paio di giorni per Veneto e Trentino. Poi, all’improvviso, nel tardo pomeriggio di domenica è arrivata la proroga del divieto nazionale, appena poche ore prima dell’auspicata riapertura.

È soprattutto il ritardo nell’annuncio ad essere attaccato dagli amareggiati operatori del turismo montano, afflitti da un’intera stagione buttata alle ortiche. L’annuncio di una nuova chiusura a poche ore dalla riapertura è stato il colpo di grazia per molti, che hanno lanciato appelli disperati a tv e giornali elencando le spese effettuate per preparare la riapertura: assunzioni di personale, riavvio dei servizi energetici, giorni di preparazioni per alberghi e ristoranti, settimane di preparazione per quanto riguarda impianti e piste.

Spese alle quali si è riferito con il termine “danno” il neo-ministro del Turismo Garavaglia, che ha invitato il Governo a parlare non di “ristori”, bensì di “indennizzo”, con riferimento all’intervento remunerativo. In effetti, occorre differenziare il danno per mancato guadagno genericamente prodotto dalle chiusure, rispetto al lucro cessante realizzatosi con le spese effettuate sulla base di falsate aspettative, che meglio descrivono lo scenario attuale.

In molti, nelle file del centrodestra hanno fatto appello al premier Draghi, che domani riceverà la fiducia del Senato e giovedì della Camera, per porre fine alla linea operativa degli annunci all’ultimo minuto, che ha caratterizzato l’operato dei precedenti governi in merito alle chiusure. Dal canto suo, Draghi si è limitato, senza esprimersi esplicitamente, a sottoscrivere la decisione del ministro Speranza, la quale sarebbe stata il risultato delle considerazioni tecniche del Cts.

Il giorno successivo è arrivato anche l’appello del consigliere del ministro Speranza, Walter Ricciardi, che ha caldeggiato alla chiusura totale, richiedendo un nuovo lockdown per arginare la diffusione delle nuove varianti Covid. Il tutto è stato salutato da una furiosa reazione, soprattutto tra le file della Lega, che ha indicato come tali dichiarazioni alimentino solamente il terrore tra i cittadini. Sono state chieste inoltre, anche se non ufficialmente, le dimissioni dell’intero comitato tecnico, oltre che di Speranza, per i combinati episodi degli impianti sciistici e dell’annuncio di Ricciardi.

In molti hanno giustificato il silenzio dell’esecutivo con il fatto che esso non si sia ancora completamente insediato, ma è indubbio che da ora in poi vi sia una politica di più ampio raggio, che sappia pianificare con maggior lungimiranza le decisioni più importanti.

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