L’Europa verso la “deflazione”: ma cosa significa?

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Si sente spesso, in riferimento alle politiche della Banca Centrale Europa, che l’obiettivo della stessa è ottenere la tanto agognata “stabilità dei prezzi”. Nella sostanza, la Bce vuole far sì che i prezzi dei prodotti di primo consumo e non nell’Eurozona non oscillino. Ossia che non avvenga né inflazione né deflazione.

La prima è un fenomeno ben noto, è quando i prezzi dei beni aumentano e viene calcolata generalmente su base annua. Esempio. Se l’inflazione quest’anno è stata del 3% significa che un prodotto che costava 100 euro lo scorso anni adesso costa 103. Sostanzialmente il mio “potere d’acquisto” si è ridotto. Con la stessa cifra posso comprare meno prodotti.

L’inflazione è uno dei problemi storici dell’economia globale, perché è vero che non rappresenta un problema se gli stipendi crescono di pari passo o anche più velocemente ma nel caso ciò non avvenga le persone senza perdere direttamente soldi dalle loro tasche, di fatto si impoveriscono.

La deflazione è esattamente il fenomeno contrario. Una crescita negativa dell’inflazione. Quindi i prezzi anziché aumentare diminuiscono costantemente e il potere di acquisto delle persone aumenta. Questo vantaggio scompare chiaramente se anche gli stipendi subiscono diminuzioni sensibili.

In Europa dall’introduzione della moneta unica l’inflazione si è stabilizzata moltissimo, rispetto alle grandi oscillazioni del passato. Dalla crisi del 2008 però i salari arrancano a salire e per questo motivo si fa fatica a sfruttare la stabilità dei prezzi.

Una stabilità che potrebbe essere in realtà già deflazione. Difatti si suppone che l’inflazione mediamente sia sovrastimata del 2% (motivo per cui questo 2% è proprio il target di inflazione della Bce, per far sì che sia zero), il che significa che se la crescita annuale dei prezzi è compresa tra 0 e 2 percento, in realtà si è già in deflazione.

Ma perché non è un fattore positivo? Non è meglio se tutti paghiamo meno? In teoria sì, nella pratica è molto più complicato di così. Difatti la deflazione è spesso un nemico ben più insidioso della sua “cugina maggiore”.

Quando i prezzi si abbassano, lo stesso succede anche al valore delle imprese, quindi a tutti gli investimenti ad esso collegate. Il motivo è semplice: se i prezzi scendono l’impresa avrà un guadagno contenuto, perché produrrà un bene tenendo conto dei prezzi attuali ma lo rivenderà quando questi si saranno abbassati.

Un esempio. Oggi il prezzo delle mele è 10 euro al chilo. Un produttore di mele paga i suoi impiegati sapendo che vuole guadagnare sulla vendita tenendo conto di questo prezzo. Nel mentre che le mele vanno dai campi coltivati al bancone della frutta però il prezzo scende a 8 euro al chilo (cifre e tempi sono pura teoria), l’imprenditore avrà perso il suo margine di ricavo.

Allo stesso tempo chi vuole comprare mele rinvia sempre il suo acquisto perché sa che domani le mele potrebbero costare di meno. La deflazione sostanzialmente paralizza i sistemi economici, rendendo sconveniente ogni tipo di transazione. Ecco perché è uno spettro che l’Europa teme molto.

Il tutto si riversa con aziende che chiudono perché costantemente in perdita per via della deflazione, incapaci di attrarre investitori. Da lì nasce un’aumento della disoccupazione. Per ragioni complesse tendenzialmente la disoccupazione porta ad una diminuzione degli stipendi il che investe ancora i prezzi, abbassandoli.

Si innesca un circolo vizioso difficile da rompere senza ricorrere ad ingenti prestiti da parte delle banche per coprire le perdite il che però mette a dura prova le finanze pubbliche. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, Germania e Spagna sono entrate in deflazione. Una notizia da non sottovalutare.

Difatti questo può darci un’idea di come sarà il mondo post-pandemia. Gli effetti economici si vedranno più che altro con una diminuzione dei prezzi, non con l’inflazione che invece si è soliti associare alle crisi economiche. Questo perché le aziende abbasseranno i prezzi per smaltire la merce invenduta in questi mesi, deflazionando l’euro.

Il tutto aggiunto a livelli di disoccupazione che secondo alcune stime potrebbero essere molto preoccupanti. Sta quindi all’Europa, nella figura della Bce, architettare la politica monetaria per mantenere stabili i prezzi ed evitare la deflazione. Il che necessita per forza di cose il famoso quantitative easing e garanzie totali sui prestiti delle banche alle imprese.

Vedremo nelle prossime settimane come si evolverà la politica monetaria della Bce nel tentativo di contenere lo spettro della deflazione.

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