Il boom del settore dei videogame: gli ultimi numeri

Se c’è una cosa che all’apparenza può sembrare semplice, ma che in realtà è davvero molto difficile, è riuscire a capire come poter impegnare il proprio tempo libero. C’è chi ama trascorrerlo con gli amici per una serata o un aperitivo. Chi, invece, preferisce andare in palestra o frequentare centri sportivi per tenersi in forma. Altri adorano ascoltare la musica a tutto volume con stereo o cuffie, altri ancora dilettarsi nella lettura. Ma tra i passatempi più amati degli italiani negli ultimi anni ci sono i videogames. Un settore, quello videoludico, in continua crescita e che, secondo le previsioni, lo sarà senza sosta almeno per i prossimi venti anni, con un incremento costante nei profitti e negli investimenti sullo sviluppo tecnologico.

Perché una chiave del segreto del successo dei videogiochi è il loro progressivo evolversi sotto tutti i punti di vista. A partire da quello riguardante le grafiche e i gameplay. Il comparto videoludico aveva già iniziato a spopolare a partire dagli anni 70/80 del Novecento, quando vennero messe a punto le prime console a 8 o 16 bit, che permettevano ai giocatori di dilettarsi in lunghe partite a giochi come “Pong”, un simulatore di ping-pong targato Atari, rilasciato nel lontano 1972. Da quel momento l’ascesa fu inevitabile. Da Q*Bert a Sonic, passando per Super Mario e arrivare alla saga di Crash Bandicoot, giunto al capitolo “It’s About Time”, il primo originale per console next-gen. Il realismo dei titoli moderni è diventato incredibile, grazie a modalità di sviluppo sempre più complesse. Inoltre, i giochi sono diventati ancora più interattivi dato che si può giocare non solo con il semplice controller, ma anche con visori per Realtà Virtuale e sensori di movimento collegati a telecamere. Il tutto è amplificato ulteriormente dalle nuove tecnologie di connessione internet, che garantiscono stabilità durante la sessione di gioco e velocità mai prima raggiunte in termini di download e upload.

Venendo ai numeri più recenti del comparto videoludico, possiamo dire con certezza che il settore gode di ottima salute. Specialmente in Italia, dove i guadagni dovuti alla vendita di videogiochi hanno superato abbondantemente i 2 miliardi di euro nel 2020. L’aumento è sensibile, in quanto si parla di percentuali che sfiorano il muro del 22%. È aumentato anche il numero di visite degli italiani su siti dedicati al mondo del gaming (+40% nell’ultimo anno), come può essere una piattaforma di giochi di casinò online, piuttosto che una di flash games o simulatori gratuiti di guida. Solo nello Stivale, poi, il numero di aziende che si occupano dello sviluppo di videogames è salito negli ultimi dieci anni a oltre 160, dando lavoro a più di 1500 persone, molte delle quali non arrivano nemmeno ai 35 anni. Se il Governo dovesse incentivare il settore nel nostro Paese, si potrebbe arrivare a triplicare, se non quadruplicare, l’attuale guadagno di queste imprese, puntando a quasi 400 milioni di euro entro 5 anni a fronte di un investimento di 45 milioni di euro. 

Ma perché gli italiani scelgono di giocare ai videogames? La maggior parte di essi, circa il 75%, lo ritengono un passatempo gradevole nei momenti di stacco dallo studio o dal lavoro durante la giornata, specialmente nei mesi invernali, in cui si è meno invogliati ad uscire di casa. Ma alcuni gamers, più o meno il 40%, pensano anche alle nuove prospettive di lavoro, alla possibilità di diventare giocatori professionisti e prendere parte ai tornei più importanti di eSports. Altri, il 46%, pensano che i giochi da schermo aiutino ad aumentare le proprie facoltà cognitive e motorie, con un miglioramento esponenziale dei riflessi. Oltre il 50%, poi, pensa che i videogiochi diano modo di facilitare lo studio di alcune vicende storiche realmente accadute e attirare i giocatori nei luoghi di ambientazione di questi titoli a sfondo storico-geografico. Infine, quasi il 60% dei videogamers italiani reputa che il giocare alle console o al PC abbia una funzione terapeutica su alcune patologie moderne, su tutte la scarsa attenzione, migliorando anche l’assorbimento di nozioni e competenze.

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