Cos’hanno in comune le patatine fritte dei fast food con la calvizie?

Si è parlato spesso della correlazione tra l’aumento impressionante di persone obese o in sovrappeso con la diffusione costante del cosiddetto junk food, associato spesso e volentieri ai numerosi ristoranti di fast food che mettono a disposizione dei clienti cibo eccessivamente ricco di grassi e, di conseguenza, dannoso per la salute. Il cibo dei fast food, in particolare, continua ad essere al centro di discussioni con numerosi studi scientifici che hanno posto l’attenzione sugli effetti che avrebbe sugli esseri umani.

Dagli effetti paragonabili a quelli di un’infezione batterica all’ipotesi che i cibi troppo grassi possano contribuire all’insorgere del tumore alla prostata, si discute molto spesso degli effetti negativi derivanti da un consumo eccessivo di cibo spazzatura. Dalla ricerca di un’università giapponese, tuttavia, arriva conferma di una componente, scoperta proprio nelle patatine fritte vendute nei fast food, che potrebbe aiutare a contrastare la calvizie.

I ricercatori della Yokohama National University hanno di recente condotto uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Biomaterials, che si concentra su quella che viene descritta come una possibile soluzione ad un problema che affligge milioni di persone nel mondo, la perdita di capelli.

I ricercatori giapponesi, infatti, hanno preso in considerazione il dimetilpolisilossano, un componente permeabile all’ossigeno che generalmente viene utilizzano nell’olio destinato alla frittura delle patatine, per evitare la formazione di schiuma. I ricercatori hanno preso questa sostanza, iniettandola in alcuni topi, scoprendo qualcosa di incredibile. Nei topi sottoposti a questa procedura è stata notata una stimolazione di oltre 5000 germi del follicolo pilifero, che hanno poi portato alla crescita di nuovi peli.

Questo nuovo metodo, al momento sperimentato solo sui topi, in futuro potrebbe rivelarsi una nuova soluzione per combattere un problema come la calvizie anche negli esseri umani. In particolare per la forma più comune, conosciuta come alopecia androgenetica, che colpisce nell’arco della vita circa il 70% degli uomini e il 40% delle donne, provocando spesso disagio.

E’ necessario, tuttavia, sottolineare che per arrivare ad una possibile soluzione destinata all’uomo bisognerà attendere future sperimentazioni, per capire se gli effetti positivi notati nei topi potranno davvero aiutare a debellare la calvizie anche per uomini e donne. Certo è, al momento, che non basterà fare abbuffate di patatine fritte per impedire la caduta dei capelli.

Commenta