Croazia, fermati due agenti che picchiarono un migrante

In un articolo di qualche giorno fa avevamo parlato delle numerose violazioni di diritti umani perpetrate dalle forze dell’ordine croate ai danni dei migranti che provavano ad approdare nel paese attraverso il confine con la Bosnia-Erzagovina.

In quell’occasione avevamo focalizzato la nostra attenzione in particolar modo sull’atmosfera di impunità che circondava tali feroci atti, in quanto né le autorità croate, né le istituzioni dell’Unione Europea si sono mai rivelate propense ad agire per via giudiziaria al fine di condannare i colpevoli.

In seguito ad un ennesimo caso riguardante pestaggi e umiliazioni inflitti ad un gruppo di migranti, varie organizzazioni non governative volte alla tutela dei diritti umani avevano fatto sentire la propria voce, con l’auspicio di accendere i riflettori su questi avvenimenti che troppo spesso vengono ignorati dalla comunità. E il colpo non sembra essere andato completamente a vuoto.

È infatti notizia molto recente il fermo e la sospensione dal servizio di due agenti di polizia croati che avevano picchiato con crudeltà inaudita un migrante proveniente dall’Afghanistan.

Come Amnesty International riporta sul proprio sito ufficiale, i due uomini lavoravano a Karlovac, città situata nella zona nordoccidentale della Croazia.

Ora gli agenti saranno sottoposti a procedimenti di natura sia amministrativa che giudiziaria per le gravi violazioni di cui si sono resi protagonisti, con la speranza che, oltre ad accertarne la responsabilità, le reazione punitiva dello Stato sia proporzionale all’entità del misfatto.

Nonostante varie organizzazioni stiano accogliendo questa presa di posizione della Croazia con gioia e soddisfazione, è importante non dimenticare che, soprattutto in casi così delicati, non è certo una rondine a far primavera.

Affinchè si possa dire estirpata quella pervasiva sensazione di impunità di cui sopra, sarà decisivo che questa iniziativa non rimanga isolata nel tempo, poiché siamo ben a conoscenza del fatto che pratiche di questa natura sono state per molti anni all’odine del giorno, e siamo altrettanto consapevoli che tali continueranno ad essere, a meno che lo Stato non intraprenda un piano serio, duraturo e coordinato per porre finalmente un argine a queste crudeltà.

In caso contrario, i provvedimenti adottati contro i due agenti risulteranno essere semplicemente un mezzo per far momentaneamente calmare le acque e, giunto il giorno in cui l’indignazione dell’opinione pubblica virerà su qualche altro episodio di cronaca, si tornerà punto e daccapo come se nulla fosse mai accaduto.

Ed è proprio questo dietrofront che dovrà essere evitato. E se è vero che l’opinione pubblica e le organizzazioni non governative sono in grado di esercitare una discreta pressione su vicende di questo genere, è ancor più vero che il compito di tener vivo l’interesse sulle situazioni riguardanti la tutela dei diritti umani spetta in primo luogo sempre alle istituzioni, nel caso specifico a quelle facenti capo all’Unione Europea.

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