Le #bufale alimentari: dalla farina bianca al finto sale dell’Himalaya, i veri veleni bianchi quali sono?

Ci risiamo. Che Internet sia un amplificatore nato di mala informazione è ormai certo. Come anche è sicuro che appena abbiamo un dubbio, apriamo all’istante i motori di ricerca online. Ma allora come ci salviamo da questa corsa alla bufala? Per prima cosa cercando di non diffondere senza neanche controllare la veridicità della fonte. In campo alimentare poi veniamo sempre più manipolati e noi senza dire A o B, eseguiamo ed eliminiamo questo o quel prodotto perché tizio e caio hanno detto che fa male. Primi tra tutti? La farina bianca, vittima indiscussa delle bufale della rete. Credenze popolari finite nel regno delle fake news? Può essere.

A fare chiarezza sul mercato dei prodotti alimentari e sulle tante “bufale” è il Dott. Giorgio Donegani, Tecnologo Alimentare ed esperto di Nutrizione, che a Fa’ la cosa giusta!, allo stand di Milano Ristorazione ha messo qualche paletto: “Una delle ultime bufale – ha raccontato Donegani – è quella relativa alla farina bianca, messa a sproposito nella categoria dei ‘veleni bianchi’. In Italia consumiamo in media a persona 28 kg di pasta, 35 kg di pane, 8 kg di pizza all’anno e nonostante ciò siamo il secondo popolo più longevo al mondo dopo il Giappone. Anche il latte è stato definito un veleno bianco. L’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro dell’Oms ha classificato gli alimenti in base alla probabilità di rischio: il latte è definito “neutro”, quindi non è pericoloso. Ma è possibile che si debba ridurre tutto all’estrema semplificazione “questo ingrediente fa male, questo fa bene” dimenticando che sia la dose a fare la differenza tra il veleno e la medicina?”.

Durante la conferenza divertenti, ma allarmanti, aneddoti: sapevate che il sale dell’Himalaya in Himalaya non è mai esistito? Proviene infatti da una miniera del Pakistan.

“I nostri comportamenti di consumo – continua l’esperto– influenzano la comunicazione di un determinato ingrediente. Si pensi alla quinoa, un cereale che è stato sempre utilizzato in Bolivia ma che ha avuto un “successo” smisurato in Europa solo recentemente. A causa dell’esplosione di un fenomeno mediatico, ora in Bolivia ci sono delle gravissime condizioni ambientali che spingono i produttori ad utilizzare pesticidi per massimizzare le produzioni di quinoa. Tutto questo perché sul nostro mercato la comunicazione ha portato ad una richiesta esorbitante di un prodotto che non è nelle nostre tradizioni”. 

Per verificare la correttezza di informazioni su cibi e alimenti presenti nel web, ha messo in guardia, “si può utilizzare la stessa rete. Bisogna però verificare le fonti delle informazioni stando attenti alle trappole. Su internet ci sono due modi di ricercare le notizie: uno cercare quello che si vuol sentir dire, l’altro è aprirsi a qualsiasi verità. Diffidate quindi di titoli esagerati e consultate siti istituzionali e qualificati, a cominciare dal quelli del ministero della Salute, dell’Istituto superiore di sanità, del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione e della Società italiana di nutrizione umana”.

Un altro filone che va molto di moda è quello del “senza”. Senza lattosio, senza glutine, senza sale, senza zucchero sono tutti trend che servono per vendere meglio i prodotti e a cifre più alte. Negli ultimi decenni è cambiato il modo di comunicare in ambito della divulgazione scientifica, specialmente dopo l’ingresso di internet, ma soprattutto dopo la nascita dei social network: “I social hanno dato la capacità di costruire una credibilità scientifica su cose che scientifiche non sono. Quando si fa un articolo di scienza, è necessario sottoporlo a numerosi e utili confronti con altri scienziati e solo allora può essere pubblicato”.

La base delle bufale è proprio questa: il mercato crea ambiti nei quali pilotare volutamente una massa di persone costruendo un ambiente nel quale si riconoscono, non basandosi però su un metodo scientifico.

E quindi quale potrebbe essere la soluzione? “Bisogna recuperare un po’ di buonsenso, primo ingrediente del benessere. Esiste una scala del rischio nell’ambito alimentare: c’è il rischio percepito e il rischio reale. Nella scala del rischio percepito abbiamo paura soprattutto dei “veleni”, mentre nel rischio reale rientra il rischio igienico, secondo cui siamo immersi nei microbi (importantissimi per la nostra salute perché aiutano la nostra flora intestinale a star bene)”.

La dieta che va bene per tutti ancora non esiste per questo è necessario recuperare la capacità di ascoltare noi stessi, come suggerisce ancora l’esperto, ”Bisogna fidarsi di se stessi, ascoltarsi, riappropriarsi della capacità di valutare il proprio benessere”.

Donegani conclude: “La soglia di attenzione deve essere alta soprattutto quando ci sono di mezzo i bambini. Nelle mense le persone hanno un’importanza grandissima: le scodellatrici sono indispensabili perché fanno capire il valore del cibo. In questo la scuola è determinante e Milano Ristorazione è fondamentale per l’impegno che infonde nei bambini nella valorizzazione degli alimenti. È in cucina, nelle mense, durante il pranzo che i bambini imparano la cultura dal cibo. Recuperare l’esperienza diretta è una delle prime armi per poter combattere le bufale ed avere più consapevolezza”.

Dottor Giorgio Donegani

Il Dott. Giorgio Donegani, Tecnologo Alimentare ed esperto di Nutrizione e Educazione Alimentare e Scienza dell’Alimentazione, ha contribuito alla redazione delle Linee Guida per l’Educazione Alimentare nella Scuola Italiana come membro del comitato tecnico scientifico “Cibo e Scuola” del MIUR. Attualmente è consigliere della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare, e si occupa della promozione dell’educazione alimentare, in particolare nella scuola. Il Dottor Donegani ha affiancato Milano Ristorazione nella conduzione dei laboratori di educazione alimentare per le famiglie “Dall’orto alla tavola”.

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