Diminuiscono gli omicidi, ma non i femminicidi

Dall’inizio della pandemia i casi di femminicidio e di violenza domestica sono in continua crescita: sono settantasei le donne vittime di femminicidi da inizio anno. Mentre gli omicidi calano, si registra un numero sempre più elevato di femminicidi, commessi prevalentemente in famiglia. 

Il termine “femminicidio” è stato formulato per la prima volta nel 1976 da Diana E. H. Russell, sociologa femminista, che lo descrisse come “l’uccisione di femmine da parte dei maschi in quanto femmine” precisando che “il concetto di femminicidio si estende al di là della definizione giuridica di assassinio e include quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l’esito/la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine”.

I femminicidi presentano un andamento singolare e differente rispetto agli altri omicidi, che sono nettamente diminuiti durante la pandemia. Questo perché la tragedia dei femminicidi si consuma per lo più all’interno delle mura domestiche, al contrario degli omicidi che vedono coinvolti gli uomini, i quali avvengono soprattutto a causa di sconosciuti. Infatti, secondo i dati pubblicati dall’osservatorio del Sole 24 Ore, rispetto ad una diminuzione complessiva degli omicidi «cala in misura nettamente inferiore il numero di donne uccise». Analizzando le notizie, nel 2020 si sono verificati 275 omicidi rispetto ai 315 del 2019 (-13%). Registrano una tendenza opposta i femminicidi, che aumentano da 111 episodi del 2019 ai 113 del 2020.

Le analisi dell’Istat in questo campo hanno messo in evidenza due elementi: «Da un lato, sono diminuiti negli anni gli uomini uccisi, più spesso vittime di persone a loro sconosciute e i cui omicidi rimangono molte volte irrisolti mentre le donne sono uccise di più in ambito familiare; dall’altro lato, sono aumentati gli omicidi da parte di parenti anche a danno di uomini (nel 2019, il 22,5%, valore pari a quello delle donne)».

Un dato è certo: la situazione delle donne è peggiorata con l’arrivo della pandemia e del lockdown che ne è conseguito. Durante il primo semestre del 2020 i femminicidi hanno rappresentato il 50% degli omicidi  (nel 2019 costituivano il 35%) e si sono verificati in ambito affettivo, nella maggior parte dei casi da parte di partner. La pandemia ha amplificato il fenomeno della violenza domestica in tutto il mondo, come si evince anche da un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite intitolato “The Impact of Covid-19 on Women“. Secondo questi dati, in paesi come Francia, Argentina, Germania e Stati Uniti la violenza familiare è aumentata del 30% durante il lockdown, e nel mondo 243 milioni di donne e ragazze sono state vittima di violenza fisica o sessuale compiuta da un partner. La violenza contro le donne è ampiamente diffusa e allo stesso tempo poco denunciata: meno del 40% dei soprusi vengono denunciati dalle vittime, perché consumati in famiglia.

Il femminicidio è l’espressione più grave delle disuguaglianze di genere e stereotipi che dominano l’intera società. Un divario che ha spinto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a raccomandare di «rafforzare nella società la cultura della parità non ancora pienamente conseguita». Serve una risposta a livello nazionale e internazionale, una risposta da parte di tutta la società, che tenga conto anche di quanto le disuguaglianze ci abbiamo resi instabili rispetto all’impatto della crisi.

 

 

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