Calcio al limite. Quale morte vale un rinvio?

La morte di Graziano Fiorita non vale un rinvio. E’ quello che hanno stabilito gli organi competenti nel momento in cui hanno analizzato la situazione relativa alla partita Atalanta-Lecce. I salentini, colpiti dalla scomparsa del loro fisioterapista, si sono ritrovati costretti a giocare a sole 48 ore dall’accaduto, non potendo in alcun modo spostare la partita ad almeno dopo i funerali. E’ davvero questo il calcio che vogliamo?

Questa settimana il Lecce perde il suo massaggiatore Graziano Fiorita, tragicamente scomparso nella notte in pieno ritiro pre-Atalanta della squadra salentina. Ragione vuole che in questi casi la partita venga rinviata, dando tempo e modo di metabolizzare al gruppo e alla società l’accaduto. La partita viene infatti spostata da venerdì sera a domenica sera. 2 giorni. 48 misere ore.

Chissà cosa devono aver pensato gli organi competenti rispetto alla questione. “Si ma tanto non era un calciatore”, “48 ore sono più che sufficienti”, “chissenefrega di una piccola squadra”, “va bene il lutto ma non possiamo rinviare la partita per colpa del calendario fitto”.

Ebbene ognuna di queste possibili (ma non improbabili) idee sono la morte del calcio, una macchia indelebile sui valori che lo sport impone e promuove.

Pensare che la vita di un calciatore sia meritevole di maggiore attenzione rispetto a quella di un fisioterapista è un discorso che non regge sia eticamente che praticamente. Una sorta di “gerarchia delle morti”, dove in base al lavoro svolto si è degni di più o meno attenzione. Proprio Graziano poi, che lavorava nello staff da 20 anni, più tempo di quanto un calciatore possa mai stare in squadra.

48 ore non possono inoltre essere mai sufficienti per un lutto. Il funerale si svolgerà solo in settimana, il corpo è ancora a Bergamo e la squadra umanamente scossa. Senza considerare che ad ogni modo le 48 ore sono usate per piangere, non certo per allenarsi.

Ma il mondo del calcio si sa, gira ormai attorno ai soldi. Spingono le Tv per giocare e spingono le altre squadre per non “falsare” un calendario fittissimo. Tutte scuse. Nel pratico infatti la partita si sarebbe potuta tranquillamente spostare a metà settimana o a metà di quella dopo, senza influenzare in alcun modo lotta salvezza o Champions. Né Lecce né Atalanta avevano coppe da giocare, quella del calendario fitto, nella fattispecie, era un non problema.

E allora gli organi competenti, avendo ben analizzato la situazione, decidono. Si gioca. E se il Lecce avesse voglia di non scendere in campo sempre bene ribadire che si perde 3 a 0 a tavolino con un punto di penalizzazione. Giusto per stare al sicuro da inconvenienti dell’ultimo minuto. Insomma se non è un ricatto poco ci manca.

Analizzando la questione calendario (in generale) però, la verità è che si gioca tanto, si gioca troppo. Non ci sono giorni senza partite e ogni minimo evento non può essere spostato. Sia mai muoia un Papa, un fisioterapista o piova a dirotto. E sia mai accada tutto assieme. A quando si spostano poi le partite?!

Ebbene una soluzione molto popolare sembra arrivare dal ridurre il numero delle squadre di Serie A a 18, in maniera da aumentare la competitività, la visibilità e la vendita del prodotto all’estero. Un discorso da analizzare sotto certi punti di vista ma che fa molto ridere sotto altri.

Se pensiamo al perché si gioca tanto la risposta è sotto gli occhi di tutti, le competizioni europee ed internazionali, non di certo la Serie A. Solo quest’anno ad esempio l’Inter, che ha giocato già moltissime partite, manderà i giocatori in Nazionale subito dopo la fine del Campionato, e poi sotto con il nuovo Mondiale per Club. Insomma i giocatori anche in assenza di Mondiali o Europei sono impegnati fino a metà luglio. I proventi derivanti dalle grandi competizioni sono però linfa vitale per il calcio italiano, nettare prelibato per tutte le squadre coinvolte, che grazie ai ricavi pagano stipendi milionari e cifre da capogiro per i trasferimenti.
Facile pensare allora a chi interessa la questione del calendario, e per esclusione facile pensare anche a chi dovrebbe lasciare il posto per favorire lo snellimento del calendario, non certamente Inter, Milan o Juventus…

Il calcio sta attraversando un profondo cambiamento, i soldi sono l’unica bussola da seguire e le Tv i padroni incontrastati del business. Sarà quel che sarà, ma forse è bene fermarci a riflettere sulla direzione intrapresa. Siamo ancora in tempo ad abbinare calcio e umanità, come accadeva una volta, con meno strumenti e più semplicità. Bisogna solo volerlo.

Tutto molto bello, ma esiste anche una cruda realtà, e sinceramente è difficile pensare che la morte del povero Graziano possa davvero insegnarci qualcosa…

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