Addio all’identità italiana [Motori] Prima Parte

FIAT, Fabrica Italiana Automobili Torino, nata ormai tanti anni fa (nel 2024 sono stati festeggiati i 125 anni), quando  “già era deceduta” nel 2021, per mano di una cattiva Gestione, un mal Governo italiano (che non ha tutelato i lavoratori dell’indotto automobili- e comparto auto, e tutte le società satelliti, in genere) e per un mondo, che è cambiato e non c’è stata la visione tempestiva di adeguarsi ai tempi ( e neanche i mezzi finanziari e capacità forse). Morta per costi troppo elevati rispetto ai Paesi d’Oriente, morta per una “fusione” che ha portato più ad una acquisizione sotto le falsa denominazione, in Stellantis, che ne ha decretato di fatto,  l’estinzione.

Di Fusioni nella storia ce ne sono state tante. Ogni volta gli scenari erano due: avere comunque  prodotti distinti, pur appartenendo alla stessa Proprietà (condividendo parti), oppure far fondere l’acquisito nell’acquirente. Nel secondo caso, l’acquisito di fatto scompariva, ma rimaneva talvolta l’etichetta apposta su una confezione  o poco più.

Dagli albori fino alla gestione Agnelli la Fiat ha vissuto periodi di luci ed ombre, negli anni settanta del XX sec. diversificò la produzione fino a costruire veicoli industriali, trattori, pullman, motori d’aereo. Il Boom economico ha aiutato l’industria italiana, e la Fiat e l’automobile italiana in generale. C’è un periodo di espansione anche estera e si parla dei modelli italiani al livello delle auto tedesche (da sempre riferimento di qualità e rifiniture). Non durerà tanto, ma in ogni caso i motori italiani non avranno mai nulla da invidiare ai colossi tedeschi/americani/ francesi. Sulle carrozzerie, diciamo che l’auto italiana diventò “famosa” perché arrugginiva. Anche questo capitolo si chiuse, e presto tutto si dimenticò.

Anni 50’/60′ le auto che hanno mosso l’Italia sono state: la fiat 500 , 600, 1100, ma anche la Lancia Aurelia, Appia, la spider B24, La Flaminia, Flavia e Fulvia e Fulvia HF, L’alfa Romeo era famosa prima con la 1900, poi con la Giulietta, la Giulietta coupè e la spider. Non dimentichiamo altri Brand, come Maserati all’epoca con le 3500 GT e la 5000 GT, fino alla Sebring, e al tempo tutto corrispondeva anche a successi nell’ambito sportivo, con competizioni, gare e vittorie in tutto il Mondo. La Ferrari non la menziono, perché di tutta questa triste storia – al momento – è l’unica cosa che sopravvive ed è Italiana (almeno per ora).

Gli anni sessanta e settanta furono la culla di modelli indimenticabili, dalla 124/125/128 per le Medie all’auto che segnò una generazione, la mitica fiat 127. Anche tra le sportive c’erano state la 124 e 850 coupé e spider che diedero grandi soddisfazioni a Mamma Fiat. Tra le piccolissime arrivò la 126 (che sostituì l’iconica 500) e nelle Medie a metà anni settanta vennero presentate le berline 131 e 132. Considero (forse erroneamente) auto moderne quelle che si presentano nel Mercato in questi anni. Nasce la consapevolezza dell’inquinamento e del risparmio energetico, s’affaccia prepotente l’elettronica e….arrivano… i “vetri elettrici”.

La Lancia negli stessi anni con la Beta/Trevi/Gamma e con la piccola (Autobianchi) A 112 si ritagliava il suo giusto spazio, tra eleganza, modernità e motori Fiat.

Alfa Romeo, presentò la prima vettura a trazione anteriore e motore boxer, l’alfasud, una berlinetta originale con luci e ombre, L’alfetta, agilissima e potente che divenne l’auto delle forze dell’ordine, poi rimpiazzata dalla Giulietta (uno sviluppo tecnico e stilistico sulla stessa base meccanica).

Negli anni ottanta/novanta,  auto come la Panda, Uno, Ritmo, Regata, Croma poi diedero dignità ad un Brand sempre un po’ considerato povero. Le piattaforme comuni con Lancia prima, poi Alfa Romeo (anni novanta), ci regalarono auto con una base comune, ma tante differenziazioni. La Lancia Y, pur condividendo il pianale della Panda e anche le motorizzazioni, era di fatto tutta un’alta auto che ambiva a una clientela differente. Anche la Lancia Delta (aldilà della supersportiva 4WD/Integrale) condivideva molto del Gruppo Fiat, e così Prisma e la bellissima Thema.

L’Alfa Romeo dopo la cessione da parte dello Stato Italiano (1986), visse per un po’ ancora di una vita parallela. C’erano la 75, bellissima e a trazione posteriore, le Alfa 33 con i motori Boxer 1.3 e 1.5 (lasciamo perdere l’Arna, in collaborazione con Nissan che nacque davvero sotto una cattiva stella). Anche l’Alfa 90 non colpì per originalità (sembrava un alfetta cresciuta di dimensioni), malgrado la tanta qualità e le ricercatezze. Poi anche l’Alfa Romeo si integrò e nacquero le varie 145/146, 155 (Campione nel DTM per tantissimi anni umiliando Mercedes e BMW) e 164, originale e bellissima. Tutte avevano basi comuni con FIAT, ma motori e componenti specifici. I gloriosi Boxer (che poi vennero sostituiti da motori più moderni) e i famosi Twin Spark e V6 Turbo. Ingegneria da sogno. L’evoluzione segna il tempo, lo stile, la forma, la tecnica. Le Alfa Romeo avevano perso qualcosa ma avevano anche guadagnato, e avevano ancora la loro Identità. A fine anni 90, arrivò la bellissima 156 e poi ancora la 147, una media che unificò la gamma del segmento in un unico modello…

Le auto italiane non ci sono più. I motori italiani non ci sono più. A parte Ferrari e Moto Guzzi/Aprilia/Piaggio, tutto il resto ormai è storia. Ci sono i marchi, che però appartengono a stranieri. Giusto la Ducati, pur essendo in mano al Gruppo VW gode di una certa autonomia, e viene foraggiata da soldi stranieri, gli stessi soldi che poi tornano in Germania, però almeno è viva e così anche la ricerca, progettazione e produzione. Il resto è storia, un po’ come tutta l’Italia che può vantarsi di ciò che è stata. Gli antichi Romani, Il Colosseo, Gli artisti rinascimentali, i pittori, scultori. Nell’attuale non abbiamo più nulla. Il Mose, che sarebbe dovuta essere un’opera ingegneristica epocale, si è rilevata un mezzo fallimento, L’auditorium di Roma, è nato vecchio su un progetto superato concettualmente. Ci sono ponti moderni e qualche palazzo e poco altro. La nostra creatività si esprime all’estero, le menti a quanto pare ancora ci sono, mancano i mezzi finanziari e la volontà ad investire. diciamo che attualmente fanno prima a svendere.

Alfa Romeo, FIAT, Lancia, Maserati e anche l’acquisita JEEP saranno etichette apposte su prodotti con stessa meccanica, stessi motori, senza personalità con forme pressoché identiche per risparmiare e standardizzare la qualità. Cambiano i colori delle stoffe dei sedili, i dettagli dei comandi plancia, i cerchi in lega e pochi fregi, che prendono in giro ciò che siamo stati e non danno valore ad un brand. E’ il nostro mondo, l’epoca dei costi troppo elevati per una produzione di un’italietta povera. L’avvento dell’Oriente ha messo in ginocchio la nostra industria e i partener europei più che aiutare la hanno affossata e rosicchiato le ossa e scarti. Evito anche di parlare dei nostri politici, dei vari Governi che si sono susseguiti negli anni. Hanno sovvenzionato incompetenti per poi voltarsi dall’altra parte, hanno raschiato il barile per poi permettere una disfatta totale.

Non so che fine farà la Ferrari, l’ultima rimasta ancora di proprietà della famiglia Agnelli.

Ne riparliamo la prossima puntata, quando finiremo l’analisi moderna del mondo delle auto italiane che non ci saranno più. Ad ogni puntata uno dei modelli che ha segnato un’epoca…..con foto e qualche rimando a film, musica e vecchi ricordi.

Una Nuova storia

Non si può rimanere nostalgici e non accettare il cambiamento. L’evoluzione tecnica ha portato mutazioni radicali nella costruzione degli autoveicoli. Le auto di oggi rispetto a vent’anni fa sono più sicure, più comode, frenano meglio e tengono la strada su diversi fondi con maggiore sicurezza. L’evoluzione dei componenti elettronici, delle coperture e dei sistemi di assorbimento dei fondi è stato determinante. I telai a deformazione programmata hanno permesso di avere strutture elastiche ma robuste dove serve e che si deformano se necessario, con ripercussioni interne minori. Dal lato motori poi il cambiamento è stato, negli ultimissimi anni tale che ancora oggi si fatica ad accettarlo e comprenderne il valore. Dagli anni novanta dello scorso secolo, in cui si erano abbandonate le piccole cilindrate turbo, si era passati a motori plurivalvole ma con cubature maggiori, c’è stato nell’inizi anni duemila, il “Downsize”, con la riduzione delle cilindrate e l’aumento delle potenze, con la riabilitazione dei motori turbo, tanti controlli elettronici della trazione, ABS, Airbag. A questi piano piano si sono aggiunte le unità Hybrid, con il Mild Hybrid che aiuta i piccoli motori e si ricarica in movimento e frenata. C’è poi l’hybrid Plug-in, con le colonnine di ricarica per le auto dalle maggiori prestazioni e percorrenze. Tante nuove batterie, per un’asse produttiva che dal petrolio si va spostando verso chi produce le batterie. In nessuno dei casi, si parla di Europa, tanto meno d’Italia. Le auto diesel sono dapprima state bandite, poi hanno avuto, o avranno, una loro (temporanea) riabilitazione. L’inquinamento si è spostato, dai pozzi petroliferi e strade, alla produzione e smaltimento batterie. Ma la nuova storia deve ancora produrre  i suoi maggiori effetti…. Intanto i prezzi d’acquisto aumentano vertiginosamente e non sono giustificati – stavolta – da un miglioramento significativo del prodotto come qualche anno fa, ma solo dal cambiamento del sistema di trazione e dalla tecnologia necessaria. a produrla ed adattarla alle moderne autovetture. 

Commenta