Un’altra icona italiana allo sbando: Italdesign, il gruppo Volkswagen la vuole vendere

Il gruppo Volkswagen ha annunciato l’intenzione di vendere Italdesign, il celebre studio di design fondato da Giorgetto Giugiaro. La decisione è motivata dalla necessità di risparmiare di fronte alla crisi dell’elettrificazione, un processo che sta imponendo riorganizzazioni e tagli di spesa nel settore. Questa potenziale vendita preoccupa i sindacati italiani e solleva interrogativi sul futuro del design automobilistico a Torino.

 

La notizia ha scosso Moncalieri, nei pressi di Torino. Audi, proprietaria di Italdesign dal 2010, ha confermato in modo discreto ai rappresentanti del personale che lo studio di design e ingegneria è ufficialmente in vendita. L’annuncio arriva mentre il Gruppo Volkswagen, impegnato in una strategia di riduzione dei costi, affronta una costosa transizione verso la mobilità elettrica in un mercato europeo stagnante.

Fondata nel 1968 da Giorgetto Giugiaro, definito “designer del secolo”, Italdesign ha scritto la storia dell’automobile con modelli divenuti cult, tra cui la Panda, la Golf I, l’Audi 80, la DeLorean , la Lancia Delta e la Lotus Esprit. Negli ultimi anni, l’azienda ha rafforzato la sua attività nell’ingegneria avanzata, lavorando a stretto contatto con i marchi del Gruppo Volkswagen.

Il Gruppo Volkswagen, di cui Audi è uno dei pilastri, sta affrontando un periodo di difficoltà e ha già annunciato significative misure di ristrutturazione. Sono previsti quasi 35.000 tagli di posti di lavoro a livello globale, di cui 7.500 solo in Audi entro il 2029. In questo contesto, la cessione di attività considerate non strategiche, anche se redditizie, diventa un’opzione concreta. Volkswagen sta affrontando una transizione complessa verso l’elettrico, con costi elevati e un mercato europeo stagnante. Per raccogliere liquidità, il gruppo ha avviato una strategia di razionalizzazione degli asset, cedendo attività considerate non strategiche. Italdesign è effettivamente redditizia, con un utile netto di 20 milioni di euro nel 2023 su un fatturato di 145 milioni di euro, e ha un portafoglio ordini completo con un ambizioso obiettivo di fatturato a medio termine di 300 milioni di euro. Tuttavia, rimane un’entità italiana costosa da mantenere per un gruppo madre tedesco sotto forte pressione economica che punta  a concentrarsi su batterie, software e ricerca e sviluppo.

 

Per Torino, questa decisione rappresenta un duro colpo. Dopo la chiusura di Bertone, la cessione di Pininfarina a Mahindra e il declino di altri protagonisti storici, Italdesign era rimasta uno degli ultimi baluardi del car design italiano. I sindacati denunciano l’abbandono progressivo delle insegne locali da parte dei grandi gruppi stranieri.

Quale futuro:

A dispetto delle aspettative, i potenziali acquirenti di Italdesign non appartengono al mondo dei fondi d’investimento né a quello delle grandi case automobilistiche. L’interesse potrebbe provenire principalmente da aziende specializzate nella progettazione e nell’ingegneria, alcune delle quali dispongono anche di proprie linee di produzione, sia in Italia che in Germania. Al momento, almeno quattro o cinque gruppi hanno già espresso il loro interesse, delineando un possibile scenario in cui Italdesign continuerà a operare nel suo settore di riferimento, offrendo servizi avanzati di ingegneria non solo per l’industria automobilistica, ma anche per altri comparti. I sindacati chiedono garanzie occupazionali, rifiutano qualsiasi ipotesi di smantellamento o vendita frazionata e pretendono che i futuri ordini del Gruppo Volkswagen vengano resi permanenti. Questa condizione è considerata essenziale per mantenere 1.000 posti di lavoro presso Italdesign.

Il destino dell’azienda rimane incerto, e il settore automobilistico italiano rischia di perdere un altro simbolo storico del design.

Ufficialmente, Audi mantiene il silenzio. Tuttavia, la vendita di Italdesign riflette una tendenza più ampia nel settore automobilistico: i produttori storici stanno razionalizzando i propri asset, concentrando gli investimenti su ricerca e sviluppo, batterie e software, e delegando sempre più l’ingegneria a partner esterni.

 

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