Un mese dal terribile terremoto in Turchia

È passato un mese dal terribile terremoto che ha distrutto la Turchia. Era il 6 febbraio 2023, quando una scossa di magnitudo 7.9 si è verificata alle 03:17 ora locale (2:17 italiane) con epicentro ad una profondità di 20 km, a Nurdagi nella provincia di Osmaniye, nel sud del paese. L’intensità della scossa ha fatto partire subito l’allerta tsunami anche in Italia: il Dipartimento di Protezione Civile ha dato l’allarme per rischio maremoto che, qualche ora dopo, fortunatamente è stato revocato. Stando ai dati dell’USGS, questo è stato il terremoto più forte a colpire la Turchia dal 1939, anno in cui un terremoto della stessa magnitudo uccise oltre 30 mila persone. Si tratta di un evento molto raro: al Mondo se ne verificano meno di 5 ogni anno.

 

 

 

Il sisma avvenuto fra il Sud-Est della Turchia e il Nord della Siria è stato mille volte più forte di quello di Amatrice del 2016 e 30 volte più forte di quello dell’Irpinia del 1980. La scossa, seguita da centinaia di repliche, è stata registrata dai sismografi di tutto il mondo, fino alla Groenlandia, come ha rilevato l’Istituto geologico danese. Ad attivarsi è stata una delle due grandi faglie che attraversano la Turchia, quella Sud-Est anatolica, che, come osserva il presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni “è una delle più attive nel Medio Oriente, insieme a quella del Mar Morto che attraversa Siria, Libano Israele e Giordania e che separa la placca Araba da quella Africana. È lungo questa faglia che i due lembi del suolo si sono spostati: “nella zona di massimo movimento è avvenuto uno spostamento di almeno tre metri”, aggiunge Doglioni.

Ad oggi si stima che tra Turchia e Siria siano crollati circa 214 mila edifici: milioni di persone sono rimaste senza casa e il numero di dispersi è ancora imprecisato. Le operazioni di soccorso sono terminate, ma i dati forniti dal governo sulle conseguenze del terremoto sono devastanti: il terremoto ha colpito circa 14 milioni di persone, più o meno un sesto della popolazione totale del paese. Oltre 3 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni: oltre un milione sono state sistemate in rifugi allestiti in tende e container, gli altri in dormitori e strutture di altro tipo. In Turchia, inoltre, sono state avviate indagini contro circa un migliaio di persone per accuse legate alla costruzione degli edifici distrutti dal terremoto. La stima attuale dei morti è di almeno 51mila persone.

Il nostro Paese tutt’oggi si sta occupando delle criticità. Un esempio è l’organizzazione non profit Save the Children Italia che afferma: “Stiamo rispondendo all’emergenza con i partner locali, fornendo assistenza urgente e salvavita sia in Turchia che in Siria, dove finora abbiamo raggiunto più di 165 mila persone.” Inoltre, “stiamo sostenendo le bambine, i bambini e le loro famiglie in alcune delle province più colpite, come Hatay e Gaziantep e insieme alle organizzazioni partner, stiamo lavorando per fornire ulteriori razioni di cibo pronte per il consumo, tende, kit di emergenza e forniture mediche.”

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