Seattle ci ripensa. Addio alla “Amazon tax” approvata appena 1 mese fa

Spesso abbiamo visto come i principali big della tecnologia siano finiti al centro di numerose critiche riguardo, soprattutto, alle tasse pagate nei vari paesi del mondo in cui operano, considerate nettamente inferiori rispetto alle entrate miliardarie che registrano annualmente. Da tempo si parla di provvedimenti studiati per applicare una tassazione più giusta che tenga conto delle enormi entrate registrate da queste multinazionali, da Google ad Apple fino ad Amazon.

In tal senso aveva attirato l’attenzione un provvedimento approvato dalla città di Seattle che subito era stato soprannominato “Amazon Tax”. Una tassa annuale rivolta alle aziende presenti nella città che fatturano più di 20 milioni di dollari all’anno che avrebbero dovuto pagare circa 275 dollari per ogni dipendente assunto a tempo indeterminato. Le entrate generate da questa tassa sarebbero state usate per andare incontro alle esigenze dei migliaia di senzatetto presenti in città. Ma dopo una battaglia di alcune settimane, Seattle ha deciso di fare un passo indietro, cancellando il provvedimento approvato appena 1 mese prima.

L’obiettivo dell’amministrazione cittadina era quello di trovare risorse per aiutare le persone in difficoltà, rispondendo al problema dell’assenza di abitazioni e strutture a disposizione dei senzatetto. Con una tassa di 275 dollari per ogni dipendente delle aziende che fatturano oltre 20 milioni l’anno, la città avrebbe raccolto circa 50 milioni di dollari ogni anno.

Ma in breve tempo è arrivata la mobilitazione delle aziende colpite da questo contributo, da subito definito come una tassa sul lavoro. Oltre 600 le aziende presenti a Seattle che sarebbero state colpite dal provvedimento, tra cui Starbucks e, soprattutto, Amazon che nella sua città natale offre lavoro a 45.000 dipendenti. Amazon, ad esempio, ha temporaneamente bloccato la costruzione del suo nuovo quartier generale che dovrebbe sorgere a Seattle, ed è stata inoltre avviata una raccolta di firme per organizzare un referendum, a novembre, con l’obiettivo di chiedere l’opinione dei cittadini.

Il consiglio comunale ha quindi deciso di riunirsi per cancellare la legge approvata il mese scorso, con 7 voti a favore dell’abrogazione e solo 2 contrari. Si tratta senza dubbio di una vittoria per Amazon, e soprattutto potrebbe chiudere le porte a provvedimenti analoghi adottati da altre città statunitensi, che avrebbero potuto colpire le grandi multinazionali. Soprattutto nella zona della Silicon Valley, da Mountain View a Cupertino, che in seguito al provvedimento adottato da Seattle, avevano iniziato a pensare a qualcosa di simile per ottenere maggiori risorse da investire nelle città.

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