Rinuncia agli studi: i numeri e le ragioni

In Italia il numero degli studenti che rinuncia agli studi e quindi alla propria carriera accademica è sempre più alto. Secondo i dati più recenti, in Italia si contano ben oltre un milione e mezzo di iscritti all’università, cioè circa il 27% della popolazione di età compresa fra i 19 e i 35 anni. Tuttavia, dietro questi dati si nasconde un aspetto non poco preoccupante: infatti, poco meno di 1 su 5 raggiungono il traguardo della laurea. Inoltre, si aggiunge a ciò, il fatto che l’Italia si trova in penultima posizione in Europa per numero di laureati fra i 30 e i 34 anni. Secondo il più recente rapporto Eurostat il tasso di abbandoni, interessa ben 7 studenti su 10. Questo dato è in linea con le stime di Almalaurea relative alla rinuncia agli studi dopo il primo anno che, nell’a.a 2015/16, nel nostro Paese riguardavano ben il 25% degli studenti universitari.

Le ragioni possono essere molteplici. Parte del problema ha inizio già prima di immatricolarsi ad un qualsiasi ateneo. Infatti, la scelta del percorso di studi una volta conclusa l’educazione superiore di secondo grado, viene fatta frettolosamente all’ultimo anno o addirittura dopo  l’esame di maturità. A peggiorare la situazione, è che spesso la scelta è influenzata da genitori e amici e solo in ultimo dai professori. La mancanza di programmi di orientamento efficienti è inoltre una componente fondamentale del fenomeno dell’abbandono della carriera: senza solide basi motivazionali o d’interesse, la nascita di insoddisfazione già nei primi semestri di università sembra essere una conseguenza molto comune.

Secondo uno studio condotto a livello internazionale da Sodexo nel 2018, in Italia quasi uno studente su 2 (46%) è scontento della propria carriera accademica. Fra i motivi di insoddisfazione più comuni, il 51% ha reclamato il carico di lavoro, mentre oltre 2 studenti su 5 hanno evidenziato l’impossibilità di conciliare studio, vita privata e impiego, oltre alla paura di non trovare un’occupazione dopo la laurea. Ultimo, ma non per importanza, è il fattore economico, che è fonte di preoccupazione per quasi la metà degli studenti. Molti di loro temono di non riuscire a sostenere le spese universitarie e, al contempo, lamentano la mancanza di aiuti considerevoli da parte dell’ateneo di provenienza. Tra queste si aggiungono anche ragioni collegate alla vita sociale, come un crescente senso di solitudine, perdita di motivazione, senso di inadeguatezza e ansia da prestazione.

Fortunatamente, i vertici di tutta Europa hanno dedicato le loro attenzioni a tali questioni, arrivando a delineare una serie di strategie utili a eliminare alla radice il problema dell’abbandono universitario. Una soluzione è già parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che a partire dal 2022 ha contato di investire 250 milioni nell’attivazione di 50mila corsi per gli studenti delle superiori e nella firma di 6000 accordi fra istituti secondari e terziari. Dunque,  il piano di investimenti proposto dal PNRR potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella formazione e nel successo delle matricole del futuro e, di conseguenza, nella ripresa dell’economia dell’intera nazione.

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