Marcus Rashford, un eroe in divisa biancorossa

Wythenshawe, a 5 km a sud del centro di Manchester ed all’interno dell’area metropolitana della città, è un tipico sobborgo inglese confinante le grandi città, composti di molte case a schiera e una spruzzata di parchi cittadini qua e là. Il New York Times, nel 2007 lo descrive come la culla di nuove generazioni che per buona parte vivono in povertà, dediti a piccoli crimini e al massiccio consumo di droghe. Nell’intervista del quotidiano americano un tale David Williams, 17 anni, afferma: “When you live in Wythenshawe, you don’t expect any better”. (“Quando vivi a Wythenshawe, non ti aspetti nulla di meglio”)

Nel 1997 a Wythenshawe nasce Marcus Rashford, l’ultimo di 5 fratelli e sorelle. Un rapporto conflittuale con il padre, per la maggior parte del tempo non presente della vita del piccolo Rashford alimenta un legame forte con la madre, che lavora sodo per portare abbastanza denaro a casa per soddisfare i bisogni della famiglia numerosa. Marcus, riguardando quegli anni ricorda di aver provato la fame, citando il razionamento ferreo del cibo tra fratelli, talvolta insufficiente per mettere qualcosa sotto i denti più di una volta al giorno.

Ama il calcio e sa giocare. Viene notato fin da giovanissimo da top club britannici che, a turno, aiutano la madre a sostenere le spese familiari, con una crescente consapevolezza che il futuro del piccolo Marcus possa essere il calcio. Il contesto paesano non aiuta, e Melanie, la madre, consapevole delle tentazioni emergenti in un contesto di generalizzata povertà come quello di Wythenshawe, lavora sodo per tenere suo figlio lontano da ogni tipo di guaio.

Marcus dice: “è la sua vittoria”, riferendosi a lei, all’esito dell’ultima impresa sociale realizzata dal giovane calciatore. Rashford ha infatti avviato e condotto una campagna per ottenere dal governo britannico un piano da 440 milioni per gli aiuti alle famiglie più povere. Un successo arrivato a sorpresa, che ha visto un dietrofront totale da parte del premier Boris Johnson dopo il febbrile sostegno mostrato dalla popolazione alla campagna del giocatore, indubbiamente agevolato dalla propria risonanza mediatica.

Non è la prima volta, peraltro, che Marcus Rashford si interessa alla politica, ma anzi si potrebbe dire che nell’ultimo anno sia uno dei personaggi di maggior successo nell’ambito. A giugno ha spinto il governo ad approvare il Covid Summer Food Fund, un piano da 120 milioni per un programma di pasti gratuiti per famiglie in particolare difficoltà economica. “Non si tratta di politica, ma di umanità”, si legge all’interno della lettera inviata a Johnson, dopo lo stop imposto al programma dal governo. Anche in quel caso le resistenze hanno ceduto e, sotto la pressione popolare, il piano è stato approvato.

All’interno del rettangolo verde, poi, si parla di un assoluto fenomeno. Il suo valore è stimato attorno agli 80 milioni di euro e viene da molti considerato il pilastro da cui dipenderà la fortuna della Nazionale inglese negli anni a venire. La generosità viene trasportata anche sul campo da gioco, in cui, a dispetto della stazza e della rapidità che gli permetterebbero di concentrarsi nel ruolo di goleador, l’impressione è quella che gli piaccia molto di più il ruolo del facilitatore, in grado di mandare in rete i compagni.

Non per niente sulla schiena il numero che si legge è il 10, il numero del fantasista puro. Lo United si tiene stretto un giocatore prodigioso, in grado di conciliare le prestazioni sul campo ad una mentalità da leader anche fuori. Con margini di crescita ancora ampi, a soli 23 anni da poco compiuti, non sono più solo i tifosi dei Red Devils e della Nazionale inglese ad auspicare un futuro luminoso per il loro faro offensivo, ma tutti coloro che son stati attratti dal grande cuore di un ragazzo che non ha mai dimenticato il contesto nel quale è cresciuto.

Addirittura, viene da sorridere a pensare come il difetto principale associato ad un giocatore dagli indiscussi mezzi tecnici sia quello di spegnersi in alcuni tratti di partita, di staccare il cervello. Viene da sorridere pensando che magari questi cali di concentrazione, generalmente associati alla svogliatezza, o all’arroganza nei giocatori più giovani, possano essere in Marcus dei momenti in cui ripensa a sé stesso, alle diseguaglianze della società che lo circonda e a come poter cambiare le cose, per poi riaccendersi di colpo e far esplodere l’Old Trafford al suono della palla che muove la rete, ritornando immediatamente dopo a concentrarsi sui temi sociali, in costante equilibrio tra il regalare gioia ai suoi tifosi e speranza a famiglie come la sua.

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