Giovanni Brusca è da qualche giorno un uomo libero. L’ex boss di mafia, esecutore materiale della strage di Capaci, ha finito di scontare i quattro anni di libertà vigilata dopo i venticinque di carcere. Una pena pagata quale mandante ed esecutore dell’uccisione di circa 150 persone. A a 68 anni, per una legge voluta dalla sua stessa vittima torna libero, protetto, sotto falso nome, e probabilmente lontano dall’Italia.
Giovanni Brusca, noto come il “boia di Capaci”, è tornato definitivamente libero dopo aver scontato 25 anni di carcere e quattro di libertà vigilata. Brusca, ex boss mafioso di San Giuseppe Jato, è stato responsabile di numerosi omicidi, tra cui l’attentato a Capaci del 23 maggio 1992. Fu proprio lui ad azionare il telecomando che portò all’esplosione delle cariche di tritolo sotto il viadotto in cui transitava il Magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Inoltre, ordinò il sequestro e l’uccisione del del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido dopo 779 giorni di prigionia. Nonostante questi crimini, la sua collaborazione con la giustizia ha portato alla cattura di numerosi mafiosi e alla rivelazione di dettagli di notevole importanza per la lotta alla Mafia.
Dopo il suo arresto nel 1996, Brusca ha deciso di collaborare con la giustizia, fornendo informazioni cruciali su Cosa Nostra e contribuendo all’arresto di numerosi mafiosi. Grazie alla legge sui collaboratori di giustizia, ha ottenuto la scarcerazione definitiva grazie alla legge fortemente voluta dallo stesso Giovanni Falcone. Tali benefici e gli hanno permesso di ridurre la pena. Ora vivrà sotto falsa identità, lontano dalla Sicilia, e sarà sottoposto al programma di protezione.
Una legge che è un paradosso, ma che rispetta la volontà di chi l’ha ideata
La sua scarcerazione ha riacceso il dibattito sulla legge che tutela i pentiti di mafia. Alcuni esponenti politici, come Licia Ronzulli, hanno espresso indignazione per la sua liberazione, mentre altri, come il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, hanno difeso la normativa, sottolineando che senza la collaborazione di Brusca molti crimini sarebbero rimasti impuniti. La notizia della liberazione ha suscitato dolore e amarezza tra i familiari delle vittime e nell’opinione pubblica. Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato, ha dichiarato: «Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge».
La legge sui collaboratori di giustizia
Falcone, consapevole della difficoltà di combattere la mafia dall’esterno, fu tra i principali promotori di una legge che incentivasse i mafiosi a collaborare con la giustizia in cambio di benefici penitenziari. Questa normativa ha permesso di ottenere informazioni cruciali per smantellare Cosa Nostra, portando all’arresto di numerosi boss e alla confisca di ingenti patrimoni illeciti.
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