Egitto e le privazioni della libertà

In un articolo di qualche tempo fa avevamo parlato dal caso di Patrick Zaki, il giovane studente egiziano dell’Università di Bologna che, ritornato in patria per andare a trovare i suoi congiunti, era stato fermato senza giustificate ragioni dalle autorità egiziane, le quali lo avevano poi sottoposto a violenze durante l’interrogatorio.

A causa dell’età della vittima e delle ombre che avvolgono tale privazione della libertà, avevamo in quell’occasione accostato (seppur con le dovute differenziazioni) la vicenda di Zaki a quella di Giulio Regeni, con l’auspicio ovviamente che la conclusione del caso Zaki possa essere diversa e più felice di quella del ragazzo italiano ucciso nel 2016 e sul cui delitto ancora non si è scoperta la verità.

Lo stato egiziano, che dunque non è affatto nuovo a questo tipo di cronaca, si è reso protagonista negli ultimi giorni di una ulteriore violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza.

Ci stiamo riferendo al vero e proprio rapimento sofferto da Sanaa Seif la quale, secondo quanto riportato dal sito ufficiale della Ong Amnesty International, sarebbe stata circondata e trascinata via con la forza da alcuni uomini che l’avevano raggiunta a bordo di un minibus.

Qualche ora più tardi Sanaa è stata condotta presso gli uffici della Procura suprema per la sicurezza dello Stato e le sono state presentate accuse di incitamento a compiere reati di terrorismo, diffusione di notizie false e uso improprio dei social media.

Al di là della difficoltà nel credere alla genuinità di tali imputazioni, ad essere molto sospetta è senza dubbio la tempistica del provvedimento: infatti, al momento del rapimento, Seif si trovava con la sorella e con la madre davanti alla Procura di El Rehab al fine di sporgere denuncia per l’aggressione e la rapina che aveva subito il giorno precedente presso i cancelli della prigione di Tora, luogo di detenzione in cui si trova suo fratello Alaa Abdelfattah, il quale a sua volta fu arrestato illegittimamente a causa della sua attività pacifica a tutela dei diritti umani.

Le autorità della prigione di Tora ormai da tempo rendono sempre più difficile a Sanaa e agli altri familiari mantenere i contatti con Alaa. Così, proprio durante le proteste di Sanaa Seif al di fuori delle recinzioni del carcere (altra coincidenza quantomeno particolare), alcune persone non ancora identificate avevano attaccato e rapinato la ragazza.

Come appare evidente ictu oculi, tutta questa vicenda fa intuire come l’obiettivo delle istituzioni egiziane sia quello di piegare la resistenza di tutti coloro che continuano a battersi, nonostante le palesi difficoltà, per la difesa della libertà (fisica e di pensiero) e per i diritti umani in generale.

L’atmosfera che si respira in Egitto è da troppo tempo ormai eccessivamente pesante e opprimente e urge quanto prima un cambiamento repentino e radicale nelle condotte degli uomini del governo, il che appare, sfortunatamente, tanto essenziale quanto di complicata realizzazione.

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