Chi c’è dietro Showrum?! Intervista al direttore Leonardo Pinto

Si è da poco conclusa a Roma la quinta edizione di “Showrum” l’evento internazionale più importante al mondo che vede protagonisti i migliori rum e cachaca, diretta da Leonardo Pinto, riconosciuto a livello mondiale come uno dei migliori esperti di rum in Europa, trainer, consulente per le aziende e dal 2014 membro della giuria dei World’s 50 Best Bars.

Leonardo Pinto già dal 1997 muove i passi verso la sua passione per il rum, per poi alimentarla ancora di più con il suo blog La Isla de Rum nel 2004 , da questo momento è un crescendo fino ad arrivare alla organizzazione del festival più importante in assoluto, a livello mondiale, per questo fantastico distillato.

Abbiamo avuto il piacere e l’onore di poterlo intervistare e ci ha raccontato un po’ di sé ironizzando anche sulle solite domande.

A.B. Non è da tutti diventare un massimo esperto di rum. Io da piccolo sognavo di giocare in Serie A, da adolescente di andare sulla luna ed ora di diventare un bravo giornalista. Cosa l’ha portata a questo traguardo? Da quanto tempo fa questo lavoro e come ha cominciato? Quali sono le caratteristiche che deve avere un buon master blender?

L.P.:Io da piccolo sognavo di diventare una stella del basket, poi un musicista, ma alla fine ho scoperto il rum ed è nato un amore. Tutto questo accadde circa venti anni fa. Come si fa a farsi largo sinceramente non lo so, non credo ci sia una ricetta. Di sicuro ci vuole tantissimo lavoro, tanta passione e tanta dedizione. Bisogna crederci ed essere positivi, anche e soprattutto quando sembra che non ci riuscirai, sono quelli i momenti in cui al posto dello sconforto devi dare spazio all’orgoglio e all’entusiasmo. Certamente va aggiunto un pizzico di fortuna e di talento, ma questi ultimi sono marginali senza il sacrificio.

 

A.B.:Ogni anno aumenta sempre più la febbre del rum, che non è più solo la base dei cocktail Mojito e Cuba Libre, ma che dai “peggiori bar di Caracas” fino a Roma si sta raffinando in versioni sempre più di “qualité”. Come fare a riconoscere un buon rum, anche se non si è esperti e come assaporarlo meglio?

L.P.: Per riconoscere il buon vino ci vuole tanta esperienza e qualche corso, stessa cosa vale per il rum, ed è questo il motivo per cui ogni anno faccio corsi in giro per l’Italia per coloro che vogliono imparare davvero a riconoscere il rum, a capirne e distinguerne la qualità. La degustazione del rum non è diversa da quella del vino o della birra, semplicemente prestando più attenzione al grado alcolico. 

 

A.B.:Nel mio caso invecchiare non è mai una bella cosa e soprattutto evidenziare l’età. Ma cosa significa, invece, quando sul rum, in etichetta, vengono evidenziati gli anni di invecchiamento? È un concetto importante per la qualità del rum?

L.P.:Un uomo a 15 anni si fa crescere un pò di barba e si spaccia per maggiorenne, a 20 decide se darsi qualche anno in più o in meno a seconda della ragazza che vuole abbordare, a 30 comincia a non barare più sull’età, anzi se può ritocca in difetto e dopo i 40 se la gioca sul fascino del sale e pepe glissando volentieri sugli anni. Ecco, con i distillati funziona allo stesso modo, e quindi anche con il rum, anche se con “numeri” diversi. L’invecchiamento se, passami il termine, “dosato” in modo corretto, aumenta la complessità, il corpo e l’eleganza del distillato, ma eccedere nell’invecchiamento vuol dire uccidere il prodotto, quello che gergalmente viene chiamato “over ageing”. Sicuramente un rum che invecchia più a lungo costa di più, se non altro per un discorso economico di capitale immobilizzato e perdite di prodotto, ma non equivale obbligatoriamente ad una maggiore qualità. Consideriamo anche che l’invecchiamento ai tropici è molto più invasivo, dato il clima, rispetto a un invecchiamento in Scozia. Ha quindi poco senso anche paragonare il “numero” su una bottiglia di rum a quello su una bottiglia di scotch.

A.B.: Indizi segreti: Ognuno di noi ha qualcosa da nascondere, da tenere in privato, qualcosa che gli piace al tal punto da nasconderlo. Per un esperto come lei quale è il suo posto preferito in cui bere rum, assaporarlo al meglio e scoprirne l’intensità e il sapore?

 

L.P.:Un salotto, pochi intimi amici e possibilmente con un pò di musica. Non amo, se non per lavoro, bere da solo.

S.L.:Curiosità da donna e da chi ha piacere, mentre si gusta un ottimo rum, di assecondarlo con qualche pietanza adeguata e consigliata da chi ha esperienza nel settore. Cosa posso servire ai miei ospiti con un “Abuelo 12 “che abbiamo potuto gustare durante l’evento ShowRum a Roma o un altro abbinamento consigliato beverage &food da lei preferito ?

L.P:Un Abuelo 12, come da lei citato, è un rum morbido, di medio corpo e di buona lunghezza. Il richiamo al dessert sembra quasi naturale, magari con una millefoglie, ma nulla vieta di provare un accostamento azzardato ma non impossibile come un riso thai con gamberi e latte di cocco. I miei abbinamenti preferiti sono quelli dei paesi d’origine ovviamente, un pò come il nostro anguilla e fortana nella zona della Romagna, ma semplicemente perché mi riportano ai ricordi che accompagnano i momenti in cui li ho assaggiati. E’ però altresì vero che il rum, sia in miscelazione, sia in degustazione, si presta ad un ventaglio incredibile di abbinamenti e sperimentazioni.

 

Un ultimo consiglio?

L.P.: Cercate nel rum i colori, i profumi, il ritmo e la cultura del paese che l’ha prodotto. Sarà l’esperienza più bella della vostra vita, assaporata in un unico, meraviglioso sorso.

di  Alessandro Battaglia e Silvia Lunardo

Special Thanks to Leonardo Pinto

                                Carlo Dutto

 

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