Le grandi marche della pasta sconfitte in Tribunale: alti livelli di contaminazione. Vediamo quali sono

La vittoria ogni tanto non è poi così scontata e a dire addio ai sogni di gloria in questo caso sono proprio i Big della Pasta, tra cui Barilla, De Cecco, Divella, La Molisana e Lucio Garofalo. Il Tribunale Civile di Roma dà ragione all’Associazione di consumatori e produttori di grano duro del Mezzogiorno ‘GranoSalus’ e a ‘I Nuovi Vespri’ in merito alla vicenda che li aveva visti coinvolti insieme ai suddetti grandi marchi per il grano contaminato utilizzato nella produzione di pasta e derivati. La diatriba era nata a seguito di una indagine condotta su otto grandi nomi e relativi campioni di pasta dalla cui analisi era emersa la presenza di contaminanti nel grano, anche se entro i limiti previsti dalla normativa dell’Unione Europea. Le aziende coinvolte hanno prontamente richiesto alla magistratura di far eliminare alcuni articoli pubblicati sui siti web delle due associazioni.

La Guerra del grano

Ma la richiesta è caduta nel vuoto con la motivata decisione della prima sezione civile del Tribunale di Roma: «Gli articoli in questione costituiscono legittima espressione del diritto di critica e di manifestazione del pensiero». La sentenza, così porta la ragione dalla parte di GranoSalus e I Nuovi Vespri.

L’antefatto: sul sito di GranoSalus e I Nuovi Vespri erano stati riportati i dati sulle analisi condotte sulle 8 marche di pasta prodotte in Italia. Da qui era emersa la presenza di micotossine e glifosato anche se nei limiti previsti dalla legislazione europea. Di contro i Big della pasta avevano obiettato che le analisi, non erano state effettuate con gli accorgimenti e le regole che ne avrebbero potuto garantire l’attendibilità. Inoltre «con l’introduzione della formula dubitativa in ordine all’attività di miscelazione con grano estero contenente contaminanti nocivi superiori ai limiti di legge riguardavano solo uno dei fatti lesivi lamentati col ricorso, quello riguardante la violazione delle norme che prevedono il divieto di miscelazione con prodotti contenenti contaminanti superiori ai limiti di legge, e comunque la formula dubitativa non faceva venir meno la portata lesiva, insinuando il dubbio di una condotta contra legem delle ricorrenti».

Nonostante le obiezioni però, il Tribunale di Roma ha poi sancito che «Le analisi sono state effettuate da primario laboratorio, con metodo scientifico», mettendo quindi a tacere le varie proteste e supposizioni errate. Per quanto riguarda gli argomenti trattati sui siti internet, il Tribunale fa riferimento all’Articolo 21 della Costituzione Italiana: «Non vi è dubbio – scrivono i Giudici – che la divulgazione dei risultati della ricerca costituiscano legittima espressione del diritto di libertà di manifestazione del pensiero, sancito dall’Articolo 21 della Costituzione e di libertà della scienza garantita dall’articolo 33 della Costituzione, senza limiti e condizioni. Tanto più che, trattandosi di temi di tale delicatezza e rilevanza per la salute pubblica, nessuna censura sarebbe ammissibile. Né sono stati superati i limiti della continenza espositiva».

 

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