Diego Dzodan, Vice Presidente di Facebook per l’America Latina, arrestato in Brasile

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E’ da molti anni, soprattutto con la nascita sul web di piattaforme e servizi che rendono ancora più semplice e veloce comunicare online, che l’argomento privacy continua a giocare un ruolo molto importante, con una sempre maggiore attenzione nei confronti della protezione dei dati sensibili da parte di colossi tecnologici che hanno accesso ad una quantità impressionante di informazioni di ogni genere, come ad esempio software di messaggistica istantanea o social network.

Decisamente inaspettata, in questo contesto, è quanto si è verificato in Brasile, dove il Vice Presidente per l’America Latina di Facebook, Diego Dzodan, è stato addirittura arrestato in quanto non avrebbe collaborato per fornire alle autorità l’accesso ai messaggi inviati da alcune persone in merito ad un caso legato al traffico di droga.

E’ importante sottolineare che non si tratta della prima volta che si parla delle vicissitudini vissute da WhatsApp in Brasile, dove qualche mese fa la celebre applicazione di messaggistica, che nel paese conta decine di milioni di utenti attivi, è stata bloccata per ben 48 ore in seguito alla disposizione di un giudice che ha ‘punito’ la società per non aver collaborato in un processo penale.

Ancora una volta l’azienda si trova ad affrontare problemi legali, ma in questo caso ci è andato di mezzo un manager di Facebook. Diego Dzodan, Vice Presidente di Facebook in America Latina, è stato infatti arrestato in questi giorni, in quanto la società non avrebbe collaborato con le autorità fornendo l’accesso ai messaggi scambiati da alcuni utenti, ritenuti preziosi per un caso legato al traffico di droga.

Un portavoce di Facebook ha commentato la notizia, definendo questa decisione come estrema e sproporzionata, mentre WhatsApp ha sottolineato che Facebook e WhatsApp operano come entità indipendenti, e per questo la scelta di arrestare l’esponente di un’altra società è da considerare estrema e ingiustificata.

Facebook ha ribadito, comunque, l’intenzione di continuare a collaborare con le autorità per trovare una soluzione, ma è importante ricordare come le autorità brasiliane stiano di fatto chiedendo l’accesso ai messaggi scambiati da alcuni utenti, ma si tratta di una richiesta che l’app di messaggistica non potrà, in effetti, accontentare.

WhatsApp, per come è strutturato, non archivia i messaggi inviati dai suoi utenti, che di recente sono arrivati ad essere oltre 1 miliardo attivi ogni mese, e inoltre la crittografia end-to-end integrata nella piattaforma impedisce a chiunque, oltre a mittente e destinatario, di accedere ai messaggi inviati.

Non resta quindi altro da fare che attendere prossimi sviluppi per capire cosa accadrà.

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